domenica 10 luglio 2011

riabilitazione










LA RIABILITAZIONE

La Riabilitazione è una disciplina complessa che utilizza un approccio globale alla persona, nella sua sfera biologica, affettiva, emozionale e sociale.
Interviene sulle conseguenze di diverse patologie e/o di traumi. Queste conseguenze sono analizzate secondo le tre dimensioni:il danno (o menomazione), la disabilità e l'handicap.
La riabilitazione aiuta le persone con disabilità a raggiungere e mantenere un livello funzionale ottimale sul piano fisico, mentale e psicologico fornendo gli strumenti per ottenere il maggior grado di indipendenza.
La riabilitazione attua misure per creare o ristabilire delle funzioni, o per compensarne la perdita.
NURSING RIABILITATIVO
E’ attività di intervento di più professionalità collegate al lavoro d’equipe, basato su un progetto riabilitativo, intervento sul paziente mirato al raggiungimento della maggior autonomia possibile in relazione alle sue condizioni cliniche e sociali.
Campi di attività professionale dell’Ausiliario Socio Assistenziale (ASA) nell’ambito del nursing riabilitativo sono: la mobilità, il controllo delle posture, i trasferimenti, la toilette, le cure igieniche, il vestirsi,mangiare, comunicare. Queste attività si interfacciano con le altre figure professionali della riabilitazione
AUSILI, PROTESI ED ORTESI
Gli ausili sono strumenti che servono in particolare alla persona disabile (e a chi la aiuta) per fare ciò che non potrebbe fare o per farlo in modo più sicuro e rapido o per prevenire l'aggravarsi di una disabilità. Sono ausili ad esempio la carrozzina, il girello, le stampelle, il tripode, il cuscino antidecubito, il letto ortopedico, il montascale mobile,la cintura per mobilizzare i pazienti, il telo ad alto scorrimento.
Una protesi è un dispositivo artificiale che sostituisce una parte del corpo mancante (un arto, un organo o un tessuto), o integra una danneggiata. Esempi di protesi sono:
gli arti artificiali, la dentiera, l’apparecchio acustico, la parrucca, la protesi d’anca( interna).
Per ortesi si intende un dispositivo medico, un tutore, un'apparecchiatura ortopedica o simili. E’ uno strumento esterno utilizzato per aiutare il paziente in una sua funzione. Esempi di ortesi sono: i collari cervicali, le cinture lombari steccate (o busti ortopedici), le ginocchiere, le cavigliere. La loro funzione è, in genere, quella di garantire una immobilizzazione relativa di un'articolazione colpita, per esempio, da traumi, artrosi, distorsioni dei legamenti o che abbia subito un intervento chirurgico. Un altro impiego delle ortesi è quello concomitante alla riabilitazione o rieducazione funzionale. In questo caso l'ortesi può essere utilizzata per ridurre il carico su un'articolazione e diminuirne il dolore e può essere adoperata a scopo preventivo in casi di osteoporosi o cedimenti ossei.
ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL RACHIDE
Il rachide è costituito dalle vertebre che sono i suoi elementi base, 33 in tutto di cui:
7 cervicali
12 toraciche
5 lombari
5 sacrali
4 coccigee (a volte 3 altre 5)
   Esso visto lateralmente (posizione sagittale) presenta tre curve:
 La lordosi cervicale
 La cifosi dorsale
 La lordosi lombare
Queste tre curve hanno la funzione di conferire alla colonna maggiore elasticità e capacità di assorbire dei carichi.
La struttura anatomica delle vertebre è caratterizzata da una porzione anteriore, il corpo vertebrale e da una porzione posteriore, l’arco, simile ad un ferro da cavallo. In questa sede sono presenti, disposti parallelamente rispetto all’asse maggiore del corpo vertebrale , due processi trasversi e, perpendicolarmente, il processo spinoso. Particolarmente importanti sono i processi articolari che mettono direttamente in contatto, mediante le rispettive faccette, gli archi delle vertebre sovrastanti e sottostanti. Tali elementi anatomici si sovrappongono gli uni sugli altri come una lunga fila di “dadi”. La sovrapposizione degli archi forma un canale, il canale vertebrale, attraverso il quale scorre il midollo spinale e nel tratto lombare le radici nervose che formano la cauda equina.
Fra ogni corpo vertebrale si inserisce il disco intervertebrale che, oltre a separare i corpi vertebrali, ha una importante funzione di ammortizzatore.
La struttura anatomica del rachide è costituita quindi da elementi mobili, distinti gli uni dagli altri e connessi fra loro da numerosi elementi fibro-legamentosi, che le
conferiscono una notevole resistenza meccanica. La colonna vertebrale sorregge la testa, protegge il midollo spinale garantendo l’uscita dei nervi spinali, è asse portante nei complessi movimenti del tronco e partecipa ai movimenti di espansione dell’apparato costale nella respirazione.
Infine, ha il compito di ammortizzare i colpi che il corpo, nel muoversi, subisce.
Il disco intervertebrale è una struttura fibrocartilaginea flessibile; ha la forma di una lente biconvessa che ben si adatta a quella dei corpi vertebrali a cui è interposto. In ciascun disco si possono riconoscere due parti:
il nucleo polposo: è una”pallina gelatinosa”, costituita da elementi che trattengono acqua; ha lo scopo di rispondere alle sollecitazioni delle forze agenti sulla colonna e di distribuirle in modo uniforme all'anulus.
  L’anulus fibroso: solida e concentrica impalcatura periferica, le cui fibre sono disposte in regolari strati concentrici che si incrociano tra loro. Ha lo scopo di contenere e proteggere il nucleo centrale e conferisce al disco grande resistenza alla compressione.
La funzione dei dischi aumenta scendendo lungo la colonna proporzionalmente al carico, fino al tratto lombare. Per questo motivo, tra L1 ed L5, i dischi sono più spessi(come per il resto lo sono anche le vertebre) che non a livello cervicale; sono assenti tra le vertebre sacrali e coccigee e tra le prime due cervicali.
I dischi intervertebrali sono collegati, anteriormente e posteriormente lungo l’intera colonna, da legamenti fibrosi che ne costituiscono una potente struttura di rinforzo.
STRUTTURA, FUNZI0NE E BIOMECCANICA DEL DISCO INTERVERTEBRALE:
Come dicevamo il disco intervertebrale è un anello fibroso e al suo centro contiene il nucleo polposo che comprimendosi ha la funzione di distribuire uniformemente la pressione.
Il nucleo polposo, che è ricco d’acqua, si riempie e svuota durante il giorno e la notte solo grazie alla sua compressione e decompressione: si ha cioè uno scambio di liquidi con lo spazio circostante attraverso un meccanismo che si chiama pressione osmotica che è favorita appunto dalla mancanza di pressione (schiena sdraiata a riposo) e sfavorita dalla compressione (schiena in carico); nel primo caso si “riempie” di acqua ed aumenta di volume, nel secondo si vuota dall’’acqua e riduce di volume (- 10% di altezza); durante il giorno abbiamo pertanto una variazione del 1 -2% in altezza. Al mattino i risulta più “gonfio”, la schiena tende ad essere più rigida: la flessione è del 300% più rigida (ed è il momento più pericoloso per la fuoriuscita di un’ernia).
Con l’invecchiamento il disco fibroso va incontro a lesioni circonferenziali con rottura delle fibre, il nucleo polposo tende a degenerare fino a perdere completamente il suo contenuto in acqua: è uno dei motivi per cui invecchiando la nostra schiena diventa più rigida e meno mobile.
IL DISCO NEI MOVIMENTI DELLA COLONNA
Il rachide compie nel suo tratto dorso-lombare 6 movimenti elementari:
Flessione; Estensione;Rotazione destra; Rotazione sinistra; Inclinazione o flessione laterale destra; Inclinazione o flessione laterale sinistra.
Durante la flessione il disco è compresso anteriormente, la parte posteriore dell’anulus viene stirata ed il nucleo polposo viene spostato posteriormente.
Molti studi scientifici hanno evidenziato che in completa flessione la pressione all’interno del disco, misurata nel nucleo polposo, aumenta fino all’80%.
Durante l’estensione il nucleo polposo del disco intervertebrale viene spinto in avanti sollecitando la porzione anteriore dell’anello fibroso; il disco viene compresso posteriormente e la parte anteriore dell’anulus stirata. Questo movimento produce un impatto tra i processi spinosi e tra il processo articolare inferiore con la lamina sottostante: si ha quindi che il carico viene “preso” dalle articolazioni posteriori e il carico sul disco si riduce del 35% rispetto al carico in piedi in posizione neutra della colonna.
Nella flessione laterale/rotazione il nucleo viene spinto sul lato opposto

.
Un’azione eccessiva e prolungata del carico discale, sommata al naturale invecchiamento di queste strutture, può provocare un progressivo deterioramento dell’anello fibroso, che tende a fissurarsi e a rompersi con conseguente discopatia.
Si può avere spostamento di materiale nucleare fino ad avere una protrusione o un’ernia discale. ed eventuale interessamento delle strutture adiacenti.
Da quanto abbiamo detto risulta evidente che sulla schiena, particolarmente sul tratto lombare, grava un carico meccanico durante le attività della vita quotidiana.
Il risultato è che una larghissima fetta di popolazione soffre di mal di schiena.
Infatti è stato calcolato da diversi studi che il 50- 80 % della popolazione adulta ha in un certo momento della propria vita mal di schiena. Questo ha anche una natura ricorrente: il 40% della popolazione soffre di mal di schiena ogni anno; si può arrivare a dire che il mal di schiena è “normale” nel senso che ce lo hanno o lo hanno avuto praticamente quasi tutti.
Inoltre rappresenta la prima causa di assenza dal lavoro e colpisce nel mondo milioni di persone; è una delle cause più comuni di disabilità nei lavoratori
FATTORI DI RISCHIO:
- Fattori individuali,cioè legati alla persona, alla sua conformazione e al suo patrimonio genetico.
- Maggior rischio tra i 25 e 55 anni, con una media di 42anni
- Sollevamento frequente di carichi
- Sollevamento di carichi elevati
- Piegamenti e torsioni frequenti
- Piegamento e torsioni mantenute
- Posture costrette
- Posture protratte
- Fumo
- Sedentarietà e sovrappeso
- Alcune attività ricreative (giardinaggio, bricolage, ecc.)
- Alcune attività sportive che possono causare piccoli traumi ripetuti
CONSIGLI PRATICI PER PREVENIRE IL MAL DI SCHIENA

Come abbiamo già detto mantenere in maniera prolungata una stessa posizione o eseguire particolari movimenti in modo scorretto ( come sollevare pesi ) possono essere causa di dolore.
Sappiamo anche che il disco intervertebrale è una delle strutture maggiormente esposte ad alterazioni strutturali, in quanto deve sostenere carichi importanti ogni qual volta si debbano sollevare o trasportare pesi
Un peso di 10 Kg sollevato in maniera corretta grava sui dischi intervertebrali lombari con un carico di 227 Kg
Quando il carico discale è pari a 350 kg, il disco è a rischio di frattura:
Stare seduti rilassati porta la colonna lombare alla massima flessione, lo stesso grado della flessione completa stando in piedi.
La posizione seduta rilassata provoca un eccessivo stiramento dei legamenti spinali posteriori, arrivando nella posizione di fine arco.
Si è calcolato che le persone durante la giornata mantengono prevalentemente la posizione flessa, si arriva a fare fino a 1000 posizioni flesse in un giorno; raramente invece ci si estende.
Consigli pratici:
- allargare la base di appoggio: tenere i piedi distanti quanto la larghezza delle spalle
- per una maggiore stabilità flettere lievemente gli arti inferiori
- tenere il carico da sollevare vicino al proprio baricentro
- evitare di rimanere con la schiena flessa in avanti e le ginocchia tese
- per scaricare fino all’80% del peso del tronco: appoggiare l’arto superiore al letto
- se si deve agire al letto del paziente chinati in avanti: appoggiare un ginocchio al bordo del letto
- se si deve stare accovacciati: appoggiare un ginocchio a terra (posizione del cavaliere servente)
- per operare verso il basso: chinarsi perpendicolarmente flettendo le ginocchia, allargando la base d’appoggio, colonna dritta.
Se devi alzarti da letto:
- ruotati sul fianco a gambe piegate, appoggia le mani sul letto il più vicino possibile al corpo, facendo leva sulle mani, fai scendere dal letto le gambe v
- quando trasporti dei pesi, non portare un grosso peso solo con un braccio, ma suddividilo in due oppure "abbraccialo;
- se devi spostare un oggetto evita le torsioni del tronco e sposta tutto il corpo
- evita di sollevare oggetti troppo pesanti da solo; se non puoi evitarlo, non piegare la schiena, divarica e piega un poco le gambe, tieni il peso il più possibile vicino a te
- evita tutte le posizioni ferme mantenute a lungo. Se devi stare “seduto” cerca una sedia di altezza giusta e metti un sostegno lombare (è sufficiente un golfino arrotolato), appoggia i gomiti su braccioli o sul bordo del tavolo. In ogni caso “alzati spesso” ;
- se devi guidare, usa un sostegno lombare, ricorda che la distanza dai pedali deve consentire al bacino di appoggiarsi allo schienale e di mantenere le ginocchia semiflesse
- se devi spostare un armadio, usa la tua schiena per spingerlo;

- se devi lavorare in basso: evita di piegare, la schiena, piega le ginocchia;
- se devi stare in piedi a lungo, cambia spesso posizione; cerca di appoggiare un piede sopra ad un rialzo e alterna le due gambe;
- impara a rilassarti, a ridurre lo stress per evitare tensioni inutili che rischiano di scaricarsi sulla schiena
Nella vita di tutti i giorni eseguiamo molti più movimenti in flessione che in estensione
- Ci alziamo, ci flettiamo per lavarci, ci sediamo a fare colazione
- Il più delle volte ci sediamo in macchina per andare al lavoro
- Molti stanno seduti per la maggior parte del tempo al lavoro
- Alla sera mangiamo seduti, poi ci sediamo in poltrona a leggere o guardare la tv
Per i motivi di carico che abbiamo analizzato risulta quindi importante riequilibrare le forze nella giornata
- Con frequenti estensioni della schiena da eseguire:
In piedi e/o da sdraiati
- Gli esercizi di estensione in piedi andrebbero fatti prima di compiere uno sforzo in flessione (4 - 5 movimenti) e dopo
- Una schiena normale deve essere mantenuta elastica nei suoi piani di movimento, soprattutto nell’estensione e nella flessione
- Nell’arco della giornata varrebbe la pena di sdraiarsi (a terra o su un lettino) ed eseguire 8-10 flessioni portando le ginocchia al petto
- seguite da 8-10 movimenti di estensione sulle braccia
Altro esercizio utile:
Il gatto: inarcare la schiena con movimento lento e ritmico verso l’alto e basso
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IL MOVIMENTO IN CONDIZIONI DI NORMALITA’
I movimenti sono stati denominati in base alla suddivisione del corpo in tre piani :
 sagittale
 frontale
 orizzontale
Sul piano sagittale abbiamo i movimenti di :
 flessione in avanti
 estensione all’indietro
Sul piano frontale:
 abduzione ( in fuori)
 adduzione ( indentro) per i segmenti pari;
 flessione laterale dx o sn per i segmenti sull’asse mediano
Sul piano orizzontale:
 rotazione interna ed esterna per i segmenti pari;
 rotazione destra o sinistra per i segmenti sull’asse mediano
Per quanto riguarda gli arti la definizione corretta è:
Arto inferiore :
 coscia (sopra il ginocchio)
 gamba (sotto il ginocchio)
Arto superiore:
 braccio (sopra il gomito)
 avambraccio (sotto il gomito)
CONCETTO DI EQUILIBRIO
Un corpo rigido si dice in equilibrio quando la risultante delle forze cade all’interno della base di appoggio (Newton). Il corpo umano che non è rigido, compie continui movimenti equilibratori per mantenere o recuperare una posizione ; rispetto alla forza di gravità può assumere posizioni diverse, dove si può avere una superficie d’appoggio più o meno ampia. L’ equilibrio è la capacità di mantenere la proiezione del baricentro all’interno della base di appoggio. Nel passaggio da sdraiati alla posizione eretta si ripercorrono le tappe che il bambino compie durante i primi 14 mesi di sviluppo, tappe che vengono usate anche in riabilitazione. Il bambino acquisisce un graduale controllo posturale contro le forze di gravità e sviluppa abilità motorie. Inizia ad alzare il capo da supino e da prono, rotola, si mette seduto, a quattro zampe, in ginocchio e si alza in piedi: riduce la base d’appoggio fino alla stazione eretta. L’adulto da sdraiato deve essere in grado di girarsi da supino a prono e viceversa, mettersi sul fianco, seduto, in piedi e camminare: in questi passaggi si ha un progressivo innalzamento del baricentro con maggior impegno nel controllo dell’equilibrio.

Nella posizione eretta la proiezione del baricentro del corpo deve cadere all’interno dello spazio tra i due piedi.
Nel passaggio all’appoggio su un solo piede la linea del baricentro deve passare per la gamba in appoggio ed al centro del piede
IL CAMMINO
I meccanismi del cammino sono innati: il bambino impara a camminare non appena è in grado di mantenere l’equilibrio. Durante il cammino si ha un trasferimento della linea di gravità da una gamba all’altra. Abbiamo per ogni arto inferiore una fase di appoggio del piede, durante la quale mantiene il contatto a terr,a e una di sospensione durante la quale il piede si porta in avanti. La fase di appoggio inizia con il tallone, segue tutta la pianta, il distacco del tallone ed infine delle dita del piede
Ha così inizio la fase di sospensione dove l’arto raggiunge quello avanti (passo posteriore) , lo supera (passo anteriore), poggia a terra con il tallone ed il ciclo ricomincia
L’altro arto è in appoggio sulle dita quando il primo poggia il tallone, si stacca da terra subito prima che l’altro poggi pienamente la pianta. Toccherà terra con il tallone mentre l’altro poggerà di dita e il ciclo ricomincia.
Riassumendo:
 Appoggio doppio: i 2 piedi sono a terra, uno termina e l’altro inizia l’appoggio
 Oscillazione di uno, appoggio singolo dell’altro
 Seconda fase di appoggio doppio: i due piedi invertono le zone di contatto col terreno
 Oscillazione del secondo arto
Il doppio appoggio è tipico del bipede e differenzia il cammino dalla corsa dove si ha una fase di doppia sospensione. La lunghezza del passo è quella tra due appoggi successivi dello stesso tallone. Nel cammino normale la lunghezza dei passi destro e sinistro è uguale. La velocità può variare da
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poche centinaia di metri a circa 10 km all’ora. In un cammino patologico può essere alterata sia la lunghezza che la durata delle varie fasi.
Salire le scale
I gradini normali hanno altezza di 16-18 cm e profondità 25-30 cm
Nel salire le scale un arto resta in appoggio, l’altro sale sul gradino : si piega prima il ginocchio e poi l’anca e la caviglia; il piede si appoggia con tutta la pianta al gradino ( a volte il tallone resta fuori); a questo punto viene trasferito ili carico sul piede anteriore e staccato da terra l’inferiore; il lavoro viene compiuto quasi tutto con l’arto che poggia sul gradino superiore.
Scendere le scale
Il peso si sposta su un solo arto che si flette mentre l’altro viene portato sul gradino inferiore, inizia il distacco del piede posteriore e il ciclo ricomincia. L’arto che compie la maggior parte del lavoro è quello sul gradino superiore che controlla la discesa del corpo verso l’altro arto fino al suo completo appoggio e carico.
IL MOVIMENTO DISTURBATO
Dopo aver visto gli elementi essenziali del movimento in condizioni normali andremo ad analizzarlo in situazioni patologiche; infatti una menomazione può disturbare il movimento fino alla sua completa scomparsa. Questo avviene per esempio nella : SINDROME DA ALLETTAMENTO
E’l’insieme di alterazioni prodotte da una situazione di ridotta mobilità; essa presenta un insieme di segni e sintomi a carico di organi ed apparati. In fase iniziale è reversibile ma può progredire fino a disfunzioni e danni irreversibili ed essere causa di morte nell’anziano (vedi il testo)
Il movimento contribuisce a migliorare la funzionalità dei principali apparati dell’organismo; Il paziente allettato deve essere indotto per quanto possibile al movimento.
MOVIMENTAZIONE DEI PAZIENTI
Per movimentazione di pazienti si intende il sollevamento, l’abbassamento, il mantenimento, la spinta o il trascinamento dei pazienti.
Si possono avere diversi metodi di movimentazione così suddivisi:
- Manuali: eseguiti da uno o più operatori sanitari che si avvalgono della propria forza muscolare ed eventualmente di quella residua del paziente
- che usano piccoli ausili quali: lenzuola a basso attrito, cinture ergonomiche, pedane rotanti, barra a trapezio fissata sopra il letto
- che usano grandi ausili : utilizzo di apparecchi sollevatori di vario tipo
La scelta della tecnica corretta dipende ovviamente dall’equipe riabilitativa.
In generale è preferibile ridurre al minimo le situazioni in cui si fa ricorso alle procedure di sollevamento manuale con o senza piccoli ausili; meglio utilizzare i sollevatori.
I metodi di trasferimento variano in relazione al grado di disabilità del paziente:
- paziente non collaborante: non può aiutare né con gli arti superiori né con gli inferiori (tetraparetico, anziano allettato, in coma, che si oppone alla mobilizzazione, ecc) ; il paziente può divenire non collaborante anche per disturbi cognitivi e comportamentali (per es. paziente che smette di collaborare e si lascia cadere, si oppone alla mobilizzazione,ecc);
- paziente parzialmente collaborante: dove può sfruttare una residua capacità di movimento.
PAZIENTE NON COLLABORANTE
TECNICHE MANUALI senza uso di ausili
Posizionamento nel letto
Spostare un paziente supino nel letto- un solo operatore-
- regolare correttamente l’altezza del letto ( se possibile) in base alla propria statura
(diversamente bisognerà flettersi sulle gambe, allargando la base di appoggio in modo da
mantenere la curva lordotica della schiena);
- dividere il trasferimento in tre parti: gambe – vita – spalla;
- tirare ed accostare il paziente usando il proprio peso: usare i muscoli delle gambe e dei
fianchi anziché quelli della parte superiore del corpo;
Sicuramente meglio è eseguire la stessa manovra con due operatori:
in questo caso, come in tutte le volte che lavorano due o più operatori, bisogna curare che i
movimenti siano sincronizzati mentre si esegue il trasferimento. La comunicazione tra gli operatori
è importantissima.
Manovra manuale di rotazione in decubito laterale
Eseguita da un operatore e divisa in due fasi:
1^il paziente è in posizione supina, con la gamba più distante rispetto all’operatore, accavallata
sull’altra: l’operatore posto sul lato verso cui avviene la rotazione, effettua la presa a livello del
bacino e della scapola (cioè dietro la spalla);
2^ruota il paziente controbilanciandone il peso con il peso del proprio corpo.
Si può ottenere il rotolamento sul fianco anche flettendo le ginocchia del paziente (se anziano
osteoporotico mettendo un cuscino tra le ginocchia), l’operatore posto sul lato da raggiungere
esegue una presa avvolgente sulla scapola e sul bacino del paziente e lo fa ruotare.
Manovra manuale di spostamento verso il cuscino:
Sono sempre necessari due operatori
- far sedere il paziente: gli operatori sono posti ai lati del paziente, appoggiano il dorso della
mano più lontana rispetto alla testa del paziente dietro la sua spalla, facendola passare sotto
l’ascella; appoggiano l’altra mano sul letto;
- sollevano il paziente facendo forza sugli arti inferiori e sul braccio poggiato sul letto;

- con il paziente seduto gli operatori appoggiano un ginocchio sul letto, dietro il bacino del
paziente;
- mettono il paziente a braccia conserte, effettuano la presa crociata afferrando saldamente
con una mano entrambi gli arti superiori;
- con l’altra mano effettuano la presa sotto la coscia, sollevano e spostano il
paziente:
Presa crociata con singolo operatore:
Nella presa “crociata”, l’operatore si pone alle spalle del paziente, infila le braccia sotto le ascelle e
afferra il paziente, che tiene le braccia conserte sul petto, per gli avambracci.
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Spostamento letto – carrozzina:
Sono necessari sempre due operatori; due le manovre possibili, la seconda meglio quando il letto
non è regolabile in altezza.
1^ manovra:
- far sedere il paziente sul letto (vedi manovra descritta sopra);
- il primo operatore sostiene il paziente da dietro ed effettua la presa crociata, appoggia un
ginocchio sul piano del letto;
- il secondo operatore posiziona la carrozzina, ben frenata, a fianco del letto, con lo schienale
alla testa del paziente, toglie il bracciolo dal lato del trasferimento ed il poggiapiedi, il letto
viene abbassato fino al livello del piano di seduta della carrozzina;
- poi afferra le gambe del paziente all’altezza delle ginocchia e, sincronizzando i movimenti, i
due effettuano il trasferimento.

2^ manovra:
- far sedere il paziente sul letto,
- far sedere il paziente con le gambe fuori dal letto: il primo operatore afferra da dietro con presa avvolgente le spalle ed il bacino del paziente, mentre il secondo operatore, posto lateralmente al paziente, ne afferra le gambe; muovendosi in sincronia, effettuano una rotazione del paziente di 90°, posizionandolo seduto sul bordo del letto
- i due operatori effettuano la presa a sgabello: dopo aver fatto mettere il paziente con le braccia conserte, effettuano la presa crociata, appoggiando un ginocchio sul letto; afferrano con la mano libera le ginocchia del paziente e , sollevandolo di peso, con movimento in sincronia lo trasferiscono sulla carrozzina, posizionata , ben frenata, non troppo vicina al letto
Aggiustamento della postura in carrozzina:
Manovra con due operatori:
1^ variante: gli operatori si posizionano uno di fronte, l’altro dietro al paziente.
Quello davanti si piega sulle ginocchia divaricando le gambe e mantenendo la schiena dritta, mette le mani sotto le cosce del paziente ed esercita una spinta. L’operatore dietro alla carrozzina attua la presa crociata e solleva il paziente contemporaneamente alla spinta del collega, avvicinando così il paziente allo schienale.
2^ variante:l’operatore posto dietro effettua la presa crociata sollevando leggermente il paziente; l’operatore davanti accovacciato, spinge le ginocchia del paziente verso il piano di seduta della carrozzina.
Questa manovra è controindicata in caso di pazienti troppo pesanti, anziani o con fragilità ossea inoltre, se lo schienale è troppo alto, vi è un rischio per la schiena dell’operatore.
3^ variante: si fa flettere il tronco al paziente il più possibile in avanti, in modo tale da scaricare il peso a livello del bacino. L’operatore posto dietro mette le mani a livello dei glutei e accompagna indietro il bacino, mentre il secondo operatore, spinge le ginocchia.
1^ 2^ 3^
Se il paziente è molto pesante e/o lo schienale della carrozzina è alto occorre un terzo operatore:
due sono a lato del paziente ed effettuano la presa crociata, l’altro davanti.
Spostamento carrozzina/letto
1^modalità:
- il primo operatore posiziona le gambe del paziente sul letto ( se non è possibile questo,
l’operatore prenderà le gambe come nella manovra vista prima), il secondo operatore
effettua la presa crociata;
-
sincronizzando i movimenti i due eseguono il trasferimento verso il letto
2^modalità:
- i due operatori ai lati del paziente effettuano la presa a sgabello ( vedi sopra)
- sincronizzando i movimenti eseguono il trasferimento verso il letto.
Trasferimento letto/barella
Sono necessari tre operatori:
- la barella deve essere posizionata in fondo al letto e non nello spazio tra i letti e deve essere
ben frenata, i tre operatori posizionano le mani rispettivamente sotto le spalle, il bacino e a
livello delle ginocchia del paziente che viene spostato sul bordo del letto con un movimento
in sincronia;
- gli operatori con un movimento in sincronia effettuano il trasferimento del paziente sulla
barella
Sollevamento del paziente da terra:
Con due operatori:
- fanno sedere il paziente a terra; effettuano la presa a sgabello
Con quattro operatori (manovra consigliata):
- due operatori effettuano la presa crociata, gli altri due prendono il paziente sotto il
ginocchio; con movimenti in sincronia eseguono il trasferimento sul letto o sulla carrozzina.
PAZIENTE PARZIALMENTE COLLABORANTE

Dipende ovviamente dal grado di collaborazione del paziente: egli va sempre sollecitato ad utilizzare le capacità residue.
PRINCIPALI PASSAGGI:
1. sollevamento della testa e delle spalle
2. scivolamento verso il cuscino
3. rotazione sul fianco
4. posizione sul bordo del letto
5. verticalizzazione e passaggio letto/carrozzina
6. avvio alla deambulazione
7. caduta a terra
Sollevamento della testa e delle spalle: vedi testo
Spostamento verso il cuscino
Se il paziente è in grado di aiutarsi solo con le gambe sono necessari due operatori:
- il paziente flette gli arti inferiori, solleva il bacino spingendo sui piedi appoggiati al letto, flette la testa e spinge verso il cuscino;
- gli operatori pongono una mano sotto il bacino del paziente e l’altra dietro le sue spalle e lo aiutano nello scorrimento .
- In alternativa: vedi testo
Se il paziente si aiuta con le gambe e con le braccia basta un operatore:
- il paziente flette gli arti inferiori, solleva il bacino spingendo sui piedi e sulle mani appoggiate al letto e spinge verso il cuscino;
- l’operatore effettua la presa sottoscapolare e accompagna lo scorrimento verso l’alto.
-- In alternativa: vedi testo
Prese di base tra operatori
Presa dei polsi Presa delle dita
Rotazione sul fianco
Il pz flette un arto inferiore e ruota la spalla ed il ginocchio verso il lato opposto
L’operatore aiuta eventualmente la rotazione ponendo una mano dietro la spalla e l’altra sotto il bacino del pz
Passaggio da supino a seduto
con un solo operatore
Il paziente viene guidato nel mettersi sul fianco e passare alla posizione seduta
Spostamento letto/carrozzina
In base al piano assistenziale del paziente si possono avere più manovre;

con un solo operatore:
dalla posizione seduta sul bordo del letto l’operatore guida il movimento del tronco in avanti, se necessario fissando le ginocchia del paziente con le proprie;
accompagna il movimento di raddrizzamento in sincronia con la residua azione motoria del paziente, poi il pz esegue piccoli passi in modo da poter girare il corpo e sedersi sulla carrozzina, quando è pronto porta avanti il tronco e si siede, guidato dall’operatore che ne frena la discesa.
Punti da ricordare:
- Chiedere al pz.di piegarsi in avanti e di fare perno sulle gambe durante il trasferimento: agevolerà il sollevamento dalla posizione seduta a quella in piedi;
- usare la spinta delle gambe durante il sollevamento del pz invece dei muscoli della parte superiore del corpo;
- controbilanciare il peso del paziente con il proprio peso;
Con due operatori
- il primo operatore aiuta il paziente a mettersi seduto sul bordo del letto
- il secondo operatore posiziona la carrozzina, si pone di fianco al paziente, tra la carrozzina ed il letto, appoggiando il proprio ginocchio sul letto e collabora nel movimento di sollevamento, rotazione, avvicinamento alla carrozzina. Gli operatori accompagnano il movimento di raddrizzamento in sincronia con la residua azione motoria del paziente.
Caduta a terra :
Si aiuta il paziente a girarsi sul fianco, ad appoggiarsi sul gomito e passare a quattro zampe, a mettersi in ginocchio, appoggiandosi ad un sostegno si aiuta a passare in posizione a “cavalier servente” e a mettersi in piedi