La Cometa
Durante il mio incredibile viaggio a tutta velocità nello spazio, scoprii ben presto di non essere l’unico a cui era successo. Innumerevoli particelle sfrecciavano come me nel cosmo. Ci avvistavamo di sfuggita, per poi perderci nell’immensità del cielo. Con alcuni però, che viaggiavano nella mia stessa direzione, ho percorso lunghissimi tratti fianco a fianco. Erano per lo più fotoni, ma c’erano anche alcuni elettroni, neutrini, e perfino….sì, perfino delle antiparticelle! In qualche occasione mi sono trovato a distanza pericolosamente e spaventosamente vicina a un….un….un antiprotone! Non riesco nemmeno a pronunciare quella parola. Per me è un po’ come il “Tu sai chi” di Harry Potter! Per fortuna non ci siamo scontrati, altrimenti sarebbe stata la fine della nostra vita da barioni. Sapevo che c’era ancora tanto da esplorare e sperimentare sotto forma di barione, e non volevo rinunciare alla mia natura. Immagino che per gli antiprotoni fosse la stessa cosa. Non li invidio, poverini…per loro l’universo è pieno di insidie, essendo composto quasi esclusivamente da materia.
I raggi cosmici non sono particolarmente simpatici agli esseri umani, lo so. Stanno antipatici ai fisici, che spesso nascondono i loro laboratori nel sottosuolo per evitare che interferiscano con le loro apparecchiature. Non li sopportano poi gli scienziati che utilizzano i satelliti che orbitano la Terra, perché in mancanza dello schermo protettivo dell’atmosfera, possono provocare gravi danni alle strumentazioni. Li temono soprattutto gli astronauti, per i quali i raggi cosmici costituiscono una vera minaccia alla loro incolumità. Epure, i ricercatori terrestri hanno appreso molto da noi – beh, io non sono più uno di loro, ma lo sono stato, e ne sono fiero. Studiando la nostra radiazione infatti è stata scoperta l’antimateria, e si è sviluppata la fisica delle particelle.
Ma questo accadde molto tempo dopo. Scusate la digressione, ritorno al mio viaggio vertiginoso e elettrizzante. Correvo da così tanto tempo, ormai iniziavo a pensare che lo spazio fosse davvero infinito e avrei continuato a volare, leggero elibero, per l’eternità. E invece, qualcosa fermò la mia corsa.
Una forza intensissima deviò la mia traiettoria rettilinea, prima lievemente, poi l’attrazione diventò brusca e irrefrenabile. Ricordai l’effetto che aveva avuto su di me la materia della nebulosa e capii che anche questa volta, era la gravità ad avere il sopravvento. Ben presto comparve una grande massa di materia, e io ci caddi sopra.
Era diversa dalla nebulosa al momento del mio arrivo. La densità delle particelle era maggiore, cosicché il corpo celeste risultava compatto e solido. La maggior parte degli atomi non esisteva da sola, ma raggruppata a due o più; avevo già visto queste strutture sulla nebulosa, ma qui erano la norma. Immediatamente, un elettrone mi si appiccicò, ero ritornato un atomo di idrogeno vero e proprio. Ancora in preda ai rimorsi per aver maltrattato e ignorato il mio primo elettrone, salutai il mio nuovo fastidioso compagno, cercando di essere amichevole. Lui sembrò felicissimo della mia accoglienza, e mi assalì con un fiume di parole, esprimendomi tutta la sua felicità per aver finalmente trovato un nucleo. Presto però, appagato, iniziò a confabulare con gli elettroni di due atomi straordinariamente vicini a noi: uno era un atomo di idrogeno come me, un protone e un elettrone; l’altro era un atomo di ossigeno, conteneva cioè 6 protoni, 6 neutroni e 6 elettroni. Osservai rapito l’ossigeno. Ora sapevo che queste particelle erano state nel nucleo di una stella. Che bello! Avrei potuto parlare con i protoni, farmi raccontare le loro esperienze e raccontare loro le mie vicende sulla superficie della stella, e poi come raggio cosmico. Pregustando già la serenità di un periodo tranquillo, fatto di interessanti conversazioni con i miei simili, mi protesi verso i due nuclei. Il mio scaltro elettrone ne aprofittò. D’acordo con gli elettroni dei due atomi vicini, a quanto pare, si unì a loro e tutti e 8 iniziarono a gironzolare intorno ai tre nuclei degli atomi.
Non avevo più un solo elettrone che mi pedinava, ma ben 8! Quei gruppetti di atomi uniti che avevo già osservato anche sulla nebulosa…ora io ne facevo parte. Erano molecole. E noi Avevamo formato una molecola d’acqua.H2O, la formula dell’acqua, indica appunto la presenza nella molecola di 2 atomi di idrogeno “H” e uno di ossigeno “O”.
Era una condizione davvero nuova. Io, abituato alla libertà assolutta, in esplorazione solitaria da miliardi di anni, ora ero intrappolato in una molecola. Fu dura all’inizio, ma il mio desiderio di condivisione e di compagnia ora non era inferiore alla mia sete di libertà. Finii quindi per abituarmi allo stato di molecola, anzi, direi che dopo qualche annetto di assestamento, finii per esserne addirittura felice! Col tempo diventammo un gruppo affiatatissimo. Imparammo a conoscerci e a rispettarci. Ricordai quello che diceva il mio amico Procolo: anche se sembriamo tutti uguali, e se esiste un numero esorbitante di particelle come noi, ognuno è diverso, ognuno è se stesso. Aveva ragione, i miei nuovi amici avevano ognuno una storia particolare, e un modo tutto loro di raccontarla, e di viverla.
Tramite il passaparola, da una molecola all’altra, apprendemmo di essere parte di un corpo celeste ben diverso da una nebulosa, tanto meno una stella. Era un oggetto molto freddo, di forma irregolare, largo circa 50 km, composto soprattutto da molecole di acqua come noi, sotto forma di ghiaccio, ma che conteneva anche una varietà straordinaria di molecole a me finora totalmente sconosciute, come metano, ammoniaca, anidride carbonica, silicati. Eravamo parte di una cometa!
Per un bel po’ di anni la vita procedette tranquilla e senza particolari scosse. Ma il panorama cambiava continuamente. Le stelle nel cielo sembravano mutare posizione. In particolare, presto avvistammo la luce di una stellina che diventava ogni giorno più grande. Ciò indicava che la cometa rivolveva attorno alla stella in un’orbita ellittica, che la stava ora portando a distanza sempre più ravvicinata. Mi piaceva perdermi in quei panorami mozzafiato. Mi piaceva osservare le stelle, sapendo di esserne stato parte. Man mano che quella stella diventava più grande e luminosa, cominciai anche a chiedermi cosa sarebbe accaduto quando ci fossimo trovati a stretto contatto con lei. Ma in fondo, perché farsi troppe domande? Preferivo godermi il viaggio, sapendo che presto, in ogni caso, inevitabilmente lo avrei scoperto.
a cura di Francesca Diodati
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